L'iniziativa potrebbe essere un passo importante contro la diseducazione TV perché si serve di uno strumento potente come l'ironia e, rendendo il pubblico protagonista, attenua la reputazione di saccenza e paternalismo spesso associata al mondo scientifico.
Ma non basta.
Gli eventuali successi divulgativi non dovranno fare dimenticare un punto fondamentale. Molta pseudoscienza in TV viene finanziata con denaro pubblico e promossa da alcune istituzioni. Anche altri soggetti hanno doveri istituzionali e morali di contrasto all'indebolimento delle difese immunitarie culturali della società e lo spreco di risorse collettive.
I grandi istituti scientifici nazionali dovrebbero chiedere spiegazioni alla TV di stato sulle sue scelte culturali e la preparazione delle persone a cui vengono affidate. Un'opinione pubblica male informata e in balia della credulità può essere ostile o indifferente alla ricerca condotta da quegli istituti.
Sarebbe inoltre utile che il mondo dell'informazione e i media cominciassero a interrogarsi sull'opportunità di innalzare gli standard etici e di rigore, evitando di premiare con incarichi prestigiosi chi sfrutta la credulità. La scarsa qualità culturale getta legittimi dubbi sulla credibilità dell'intera informazione.
Gli scienziati famosi e i premi Nobel, infine, potrebbero esporsi maggiormente condannando la cattiva scienza in TV e chiedendone ragione a dirigenti televisivi ed editori. Ricambierebbero così una parte del credito di prestigio, autorevolezza e attenzione che la società riserva loro.