Credo che sia una forte motivazione anche per i visitatori dei planetari. Lo spettacolo e il coinvolgimento emotivo del cielo stellato ispirano la riflessione interiore e creano sensazioni di isolamento e distacco. Piero Portaluppi, l'architetto che progettò il Planetario di Milano, spiegò proprio in questi termini la scelta della sede dei giardini pubblici in occasione dell'inaugurazione dell'istituto nel maggio 1930:
Non era troppo facile cosa trovare in Milano la località adatta per costruirvi un Planetario, una località che fosse inclusa nell'organismo della metropoli e in pari tempo appartata; scoprire quasi una zona di raccoglimento ai margini stessi della vita cittadina che mettesse in grado chiunque, non importa di quale classe sociale, di dimenticare per poco la febbre che spinge ciascuno di noi alla rincorsa folle di un suo particolare tormento e di lanciare il proprio pensiero, senza eccessivi sforzi della fantasia e nella più riposante tranquillità, in scorribande incommensurabili dietro il pellegrinare delle stelle.
E il problema ci sembra risolto con la scelta di quel tratto di pubblico giardino folto di alberi posto verso Corso Venezia tra papà Stoppani e l'erma di Mosè Bianchi; nel centro stesso di Milano, a due passi da un'arteria ampia e rumorosa in mezzo alla folla, e pur solitaria sotto la volta verdeggiante degli ippocastani antichi, si eleva la volta ridotta dei cieli.