[...] i suddetti ricercatori - frustrati malpagati e sfruttati - non fanno lo sforzo di spiegare a chi paga le tasse a che cosa servano l'università e la ricerca.Parte di questo sforzo dovrebbe essere innanzitutto rivolta a farsi conoscere e integrarsi nella comunità locale. Bisogna fare leva sulla curiosità, smentire lo stereotipo della scienza chiusa in una torre d'avorio (è solo uno stereotipo, vero?) e mostrare che persone capaci e creative desiderano condividere l'entusiasmo per ciò che fanno.
Spesso i residenti delle zone in cui si trovano laboratori e centri di ricerca non hanno nemmeno idea dell'esistenza di queste istituzioni, figuriamoci capire di cosa si occupano e decidere se servano a qualcosa.
Sì, mi riferisco più o meno all'open day, ma l'espressione non mi piace perché evoca l'arsenale del Big Outreach. Ricorrendo invece alle tecniche di Cheap Outreach basta creare occasioni informali di incontro con i residenti in cui presentarsi, scambiare quattro chiacchiere con la gente, fare visitare laboratori e uffici, raccontare il proprio lavoro, mostrare gli articoli pubblicati, ecc.
Si può cominciare esponendo all'ingresso dell'istituto un cartello che dica per esempio:
Vuoi conoscerci e sapere cosa facciamo? Vieni a trovarci il [giorno] alle [ore]. Ti aspettiamo.